IL PRETORE
    Vista  l'eccezione  sollevata  dai   dinfesori   degli   imputati;
 esaminati gli atti, ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Pestillo  Sandro, Battisti Ernesto, Moro Armando, Cavicchiolo Ugo,
 Bruno  Salvatore,  Randazzo  Giuseppe,   Visentin   Mario,   Zangobbo
 Giuseppe,  Zorzetto  Augusto,  Parise Alfonso, Pillon Enrico, Iannone
 Mario e  Marsotto  Fernando  (nei  confronti  di  questi  ultimi  due
 imputati   veniva   disposto   lo   stralcio   della  loro  posizione
 processuale,  essendo  deceduti)  venivano  tratti  a  giudizio   per
 rispondere dei reati di cui agli artt. 640 e 648 del c.p.
    In  sede  di  questioni  preliminari  ex  art.  491  del c.p.p., i
 difensori hanno eccepito l'incompetenza  per  territorio  determinata
 dalla  connessione,  sul  presupposto  che nel fascicolo del pubblico
 ministero erano contenuti atti (evidentemente sconosciuti  da  questo
 giudicante) idonei a configurare la competenza di altro magistrato ai
 sensi dell'art. 16 del c.p.p.
    Posto  che  la questione della competenza per territorio, proposta
 subito dopo  compiuto,  per  la  prima  volta,  l'accertamento  della
 costituzione  delle parti, deve essere esaminata e decisa dal giudice
 "allo stato degli  atti",  senza  cioe'  che  possa  farsi  luogo  ad
 ammissione  di  prove  rilevanti  per  la  questione stessa, e' stata
 sollevata in subordine la questione  di  costituzionalita'  dell'art.
 491, primo comma, del c.p.p.
    Ritiene   questo   pretore   che  debba  sollevarsi  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 491, primo  comma,  del  c.p.p.
 nella  parte  in  cui non consente al pretore di prendere visione del
 fascicolo del pubblico ministero,  ai  soli  fini  della  valutazione
 della fondatezza dell'eccezione d'incompetenza per territorio, stante
 il  preciso  sbarramento ( ex art. 491 del c.p.p.) alla deducibilita'
 dell'eccezione medesima.
    La questione e' rilevante perche', solo in ipotesi di declaratoria
 di incostituzionalita' dell'art. 491,  primo  comma,  del  c.p.p.  in
 relazione  all'art.  21,  secondo  comma, del c.p.p., potrebbe essere
 correttamente valutata la fondatezza dell'eccezione  sollevata  dalla
 difesa,  con  conseguente  necessita'  di  provvedere con sentenza di
 incompetenza del giudice che procede.
    La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
    L'art.  21,  secondo comma, del c.p.p., prevede che l'incompetenza
 per territorio e' rilevata o eccepita, a  pena  di  decadenza,  prima
 della  conclusione dell'udienza preliminare o se questa manchi, entro
 il termine previsto dall'art. 491, primo comma,  con  la  conseguenza
 che, decorso detto termine, non appare possibile dedurre tardivamente
 l'eccezione suddetta. Va osservato che mentre nel giudizio dinanzi al
 tribunale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  ha conoscenza
 integrale del fascicolo del pubblico ministero (art. 416 del  c.p.p.)
 e  forma  il fascicolo per il dibattimento (art. 431 del c.p.p.) e la
 trasmette alla cancelleria del giudice  competente  per  il  giudizio
 (art.  432),  con quanto ne consegue in ordine alla valutazione della
 competenza, ben diverso e' il caso del rito pretorile nel quale e' la
 stessa pubblica accusa a formare il fascicolo per il  dibattimento  e
 ad individuare il giudice territorialmente competente.
    Cio'  comporta  che  il pretore, dovendo decidere allo stato degli
 atti, in difetto di specifici elementi che possano indurre a ritenere
 la  competenza  per  territorio  di  altro  giudicante,  proprio  per
 l'impossibilita'  di  poter  valutare,  ai  soli  fini dell'eccezione
 sollevata,   il   fascicolo   del   pubblico   ministero   si    vede
 incolpevolmente costretto a rigettare l'eccezione.
    Aggiungasi,  per  inciso che nell'ambito della struttura dell'art.
 491, le valutazioni e le determinazioni  relative  al  contenuto  del
 fascicolo   per  il  dibattimento  indicate  solo  nel  quarto  comma
 dell'articolo stesso, riguardano un momento successivo a quello della
 decisione sull'eccezione d'incompetenza  espressamente  prevista  nel
 primo  comma  e  quindi,  in  una  fase  logicamente e giuridicamente
 antecedente.
    Cio' appare  contrastare  con  l'art.  3  della  Costituzione  per
 disparita' di trattamento determinando, tale divergenza normativa, ma
 irrazionale  diversita'  di  trattamento  tra  imputati  ai  reati di
 competenza del tribunale e imputati di reati di competenza pretorile.
    La norma censurata appare altresi' in  contrasto  con  l'art.  24,
 secondo  comma,  della  Costituzione, non potendo l'imputato eccepire
 validamente  (rimanendogli   preclusa   nella   sostanza,   qualsiasi
 produzione  di  elementi probatori volti a delineare la competenza di
 un altro giudice) la violazione  di  norme  processuali  e  in  cio',
 ravvisandosi una irreparabile compressione del diritto di difesa.
    Infine  la  questione appare non manifestamente infondata sotto il
 profilo  dell'art.  25,  primo  comma,  della  Costituzione   essendo
 consentito  al  pubblico  ministero,  che  e'  parte del processo, di
 citare l'imputato dinanzi ad un giudice diverso  da  quello  naturale
 precostituito  per  legge  (realizzando  la  sottrazione di fatto del
 processo al suo giudice naturale), senza che tale giudice  possa  far
 nulla per verificare la propria competenza a decidere nel merito.